Ultima chiamata

di Vera Caruso

Di temperature roventi, catastrofi sempre più irreversibili, obiettivi di riduzione da centrare e del perché il clima è un problema di tutti.

È fondamentale restare entro la soglia degli 1,5°C di aumento di temperature, come stabilito dall’Accordo di Parigi del 2015. Per centrare questo obiettivo è necessario dimezzare le emissioni globali di gas serra entro il 2030. Siamo in rotta? Si, di collisione. Secondo l’ultimo report dell’IPCC non stiamo facendo abbastanza e arriveremo ad un +1,5 °C entro il 2030 e al +3°C nel 2100.

Il nostro pianeta è un insieme di sistemi talmente interconnessi che destabilizzarne uno provoca un effetto domino su tutti gli altri. I più a rischio sono i mari minacciati dall’acidificazione, la biodiversità in caduta libera e l’atmosfera. I cambiamenti climatici, sempre avvenuti nella storia della Terra, sono il risultato di numerosi fattori ma anche i bambini a scuola hanno imparato che l’aumento della CO2 (gas serra prodotto dalle lavorazioni industriali, dai combustibili fossili, dall’agricoltura e dagli allevamenti intensivi, e dallo stile di vita delle nostre città) è uno dei fattori che incide maggiormente sull’aumento di temperatura globale.

Quello che non tutti sanno è che gli oceani producono il 60% dell’ossigeno mondiale, no non sono le foreste ma le foreste marine che ci fanno respirare. L’ ossigeno viene prodotto da quello che in linguaggio scientifico si chiama fitoplancton. Il fitoplancton altro non è che l’insieme di milioni di specie di micro-alghe (comprese tra 5 mm e 5 cm) che fluttuano in balia delle correnti e che riempiono i nostri mari dal Mediterraneo al Polo Sud.

Producono ossigeno e sono cibo per piccoli pesci. Alcune fioriture sono talmente numerose da essere visibili dallo spazio. L’aumento di temperatura si riflette anche sui mari, mettendo a rischio l’equilibrio chimico del brodo che chiamiamo acqua (ma che non è solo acqua salata) rendendolo acido. L’acidificazione degli oceani può avere effetti disastrosi sia in termini di perdita di biodiversità (cioè di numero di specie animali e vegetali che abitano il nostro pianeta) sia per la nostra vita. Più l’acqua diventa acida e più le specie fanno fatica a sopravvivere, vale anche per il fitoplancton che diminuendo lascia spazio a virus e batteri marini, che non producono ossigeno. Potrei elencare decine di conseguenze disastrose sui mari ma mi limito al nastro trasportatore delle correnti. Se cambia l’equilibrio termico e chimico delle acque cambiano anche le correnti, alcune rallentano provocando scarsità di nutrienti in determinate parti del mondo, la conseguenza è scarsità di specie marine commerciabili. Le correnti sono strettamente legate al movimento delle masse d’aria e cambiando il loro giro, la loro velocità e la loro intensità aumenta il rischio di quelle calamità naturali che siamo abituati a definire tropicali: cicloni, tifoni, trombe d’aria, uragani.  Degli incendi estivi, sempre più frequenti, ne siamo tutti a conoscenza. Così come dei prolungati periodi di siccità e della possibilità terrificante che si sciolgano i ghiacciai. Qualcuno mette in conto anche gli uragani ma cosa cambia per noi? Intendo a casa nostra con solo 1,5°C in più? Potenzialmente tutto quello di cui finora ho scritto e forse anche di più. Cosa mangeremo? Magari non noi ma le generazioni future dovranno fare i conti con una scarsità di risorse naturali sempre maggiore. L’acqua, naturalmente, ma anche il cibo diretta conseguenza della perdita di suolo e della siccità. Mangeremo i vermi e gli insetti? Si, anche le meduse che colonizzeranno i mari acidi e le alghe e chissà cos’altro. Quello che non sappiamo è come sarà l’aria che respireremo, quanto saranno lunghi i periodi di siccità, quante specie sopravviveranno. Come saranno i paesaggi del futuro. Non sappiamo se il colore che scorrerà dai finestrini delle macchine sulle autostrade sarà verde o giallo o terra brulla. Le stime per l’area del Mediterraneo sono catastrofiche. Siamo a un bivio ed è tempo di scelte decise, una strada davanti a noi ci porterà alla rigenerazione e ad un cambiamento in positivo e l’altra inesorabilmente verso la distruzione. Le conseguenze dei cambiamenti climatici impattano in maniera diversa su popolazioni differentemente adeguate a rispondere. Saranno moltissimi i migranti climatici che lasceranno i loro paesi perché sarà impossibile continuare a viverci. Le emissioni di gas serra e le loro conseguenze sono prodotti di scarto del profitto energetico e industriale. È imperativo ripensare ai nostri stili di vita e animare i conflitti per chiedere con forza la riduzione delle emissioni e un cambiamento energetico che non pesi sul futuro delle nuove generazioni e delle comunità più fragili. In un sistema così interconnesso prendersi cura del nostro piccolo giardino è fare in modo che sia un po’ più protetto anche un giardino dall’altra parte del mondo. Per questo il clima è un problema di tutti, di chiunque respiri l’ossigeno prodotto a centinaia di miglia marine da casa sua.

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