“Laodong zui guangrong” Il lavoro nobilita

di GioGo(3)

A fine dicembre una ragazza di 22 anni esce dal lavoro e collassa. Muore sei ore dopo in ospedale.

Esce da una compagnia che compete con le altre due piattaforme cinesi più forti, Alibaba e Tencent, e si chiama Pinduoduo. Nello specifico, questa piattaforma sta cercando di accaparrarsi anche il settore della vendita ortofrutticola, in sostanza il fenomeno dell’astrazione digitale va a ridisegnare anche la nostra esperienza del comprare frutta e verdura al mercato. La ragazza si occupava proprio di questo, a Urumchi, nella regione del lontano Xinjiang.

La sua morte, causata dai ritmi di lavoro massacranti imposti dalla compagnia, ha scatenato un dibattito in rete e, in parte, nei media. Non si tratta della morte di un subalterno, cioè dei milioni di lavoratori migranti senza voce. È un colletto bianco che muore, la parte consistente di quelle classi medie che rafforzano la legittimità delle politiche governative e garantisce all’ideologia del Partito di farsi colonna sonora sempre più quotidiana della vita comune.

Ormai quasi due anni fa, i colletti bianchi delle aziende tecnologiche, con gli strumenti che gli sono propri, cioè la rete, avevano manifestato l’insoddisfazione contro il regime del “996”, vale a dire lavorare dalle 9 di mattina alle 9 di sera per 6 giorni a settimana. Quante ore fanno? Tante, ben oltre quelle fissate per legge, compresi gli straordinari, che già sono abbastanza massacranti. In breve, la legislazione del 1995 sul lavoro e del 2008 sui contratti, rivista nel 2013, fissa a otto ore al giorno e per cinque giorni a settimana l’orario di lavoro, ammette gli straordinari che non devono superare le 36 ore mensili. Sia per i subalterni che per i colletti bianchi, si tratta di una legislazione da sogno. Sogno cinese, appunto! Quella protesta portò all’attenzione la questione del lavoro. Dei colletti bianchi. Il lavoro dei subalterni, invece, è muto da parecchi anni. Non solo è muto, ma viene utilizzato come spauracchio e segno di distinzione per i colletti bianchi. Siete istruiti, vi siete fatti da soli e poggiate sulle vostre competenze per accedere a tutto il benessere che vi mettiamo in vetrina, servite la patria nel momento della sua ascesa tecnologica, avete un futuro brillante, potete competere fra voi per restare nelle grandi megalopoli postmoderne che sono il fiore all’occhiello della società, mica come quegli incolti che si arrabattano a pulirvi gli uffici, a costruirvi i cellulari, a guidarvi a lavoro e a casa.

Da dove viene allora la pressione? Cos’è che porta una ragazza che lavora per l’ascesa tecnologica della patria a collassare e morire? I salari cinesi galoppano in alto! La Cina non è più solo esportatrice, ora crea e innova! Parte dell’innovazione consiste in una idea così vecchia, che quasi quasi uno se la dimentica: allunga allunga allunga torci stendi stira e infine strappa l’orario di lavoro. E se proprio parliamo di aumento salariale, bene! Prima scannatevi fra voi, competizione! Investite sull’istruzione, master, dottorati, permanenza all’estero, stage, lingue, studia questo studia quello impara l’arte e mettila da parte pianoforte francese tedesco giapponese spagnolo cucina programmazione latte potenziato per accrescere l’intelligenza mescolato a red bull caffeina coca cola e, perché no?!, un po’ di sana medicina tradizionale che il Partito ha bisogno di allargare il mercato.


“La donna lavoratrice è la più grande forza della rivoluzione”

La Cina in via di formazione imperiale basa il proprio sogno (zhongguo meng) su una catena di sfruttamento serrata: l’olio che la unge e la fa correre e vibrare, attraversando e così rafforzando le divisioni di classe, di genere, di razza e quelle geografiche, è il lavoro. L’ideologia del lavoro si incista su quella del periodo socialista, quando, giusto per fare un esempio, la liberazione della donna (l’altra metà del cielo…) era inserita dentro il discorso della produzione più che dell’emancipazione (…è l’altra metà della fabbrica). Morto il socialismo, resta il lavoro. Morto il socialismo, resta lo Stato governato dal Partito. Morto il socialismo, resta l’idea di un futuro determinato dalle ferree leggi della storia. 

Prendiamo solo alcuni frammenti di testo per inquadrare meglio qual è il contesto ideologico e culturale del lavoro. Morta la ragazza, un netizen richiama un messaggio del Quotidiano del Popolo del 2018: Sai quanto si sacrificano i cinesi? Un programmatore spegne la luce alla quattro del mattino, un locale per la colazione alle quattro l’ accende; un colletto bianco tiene acceso il suo device 24 ore al giorno, e un medico invece non ha tempo per accenderlo. Tutti occupati per infiniti motivi, ma tutti con lo stesso spirito di sacrificio. Non importa quali strategie usi per rincorrere la fortuna, una cosa è certa: i mediocri non hanno futuro, sacrificarsi non è invano. (Questo è )Un omaggio a ogni “tu”, ai risultati raggiunti dalla tua lotta e alla Cina che lotta!

Richiamare questo messaggio è un po’ come dire: l’avete ammazzata voi, ci state ammazzando voi. Così la TV di stato immediatamente risponde, il 4 Gennaio 2021, con un messaggio ambiguo e vuoto, che però mette una pezza sopra alle possibili accuse al governo, “salva la faccia”: Sappiamo tutti che l’appagamento viene fuori dalla lotta, ma la lotta non deve poggiare solo sulla passione, deve anche considerare l’efficienza, non deve assolutamente trasformarsi in “prendere la vita in cambio dei soldi”. Segue la vaga indicazione alle unità di lavoro di non far lavorare fino a notte i propri dipendenti, ché i lottatori, oltre alla lotta, sono anche importanti.

Eppure, proprio a fine Novembre, mentre non si spegnevano le discussioni in rete sullo sfruttamento dei fattorini ad opera delle compagnie Eleme e Meituan (https://gliasinirivista.org/il-disagio-dei-fattorini-dipende-dal-sistema-informatico/) il Presidente Xi durante la cerimonia quinquennale di premiazione dei “lavoratori modello” (laomo: istituzione che risale proprio alla nascita del socialismo, lo stacanovismo in salsa cinese) dice, in un discorso segnato come “importante” (cioè che verrà messo all’interno della teoria del Partito): Nella pratica di lungo corso, abbiamo coltivato lo spirito del lavoratore modello che è fatto dall’amore e dalla dedizione verso il lavoro, dallo sforzo per essere i primi, dalla lotta dura, dall’ osare creare e innovare, dall’essere disposti al sacrificio senza riguardo alla fama; abbiamo coltivato lo spirito del lavoro, che mette avanti a tutto il lavoro, che lo ama, che lo fa duramente e sinceramente; abbiamo coltivato lo spirito artigiano, che persiste ed è determinato, che fa progressi, che è scrupoloso, e vuole essere eminente.

Ora, si può anche dire che queste sono tutte sovrastrutture vuote, che l’ideologia cinese è pragmatica e non dogmatica (un modo felice per non dire che è invece altamente ironica, come interpretare altrimenti l’espressione “socialismo di mercato”?). Eppure, festeggiando i 40 anni di Riforme e Aperture a Shenzhen, proprio quest’anno, viene proposta una modifica alla legge sul lavoro, in via sperimentale. In sostanza, si vuole allargare l’uso della regolamentazione speciale del lavoro alla normale regolamentazione, per venire incontro alle necessità del mercato. Tradotto, se prima erano i lavoratori dei trasporti o della sanità a necessitare una regolamentazione speciale per via della natura del loro lavoro, adesso questa natura eccezionale passa anche ai colletti bianchi. Il regime 996, che a rigor di legge non è ammesso, può diventare non solo legale, ma fare da apripista per un ulteriore sfruttamento. In fondo la ragazza è infine uscita dal lavoro all’una e mezza di notte. Perchè sprecare la notte? Perchè non aumentare la pressione e la competizione? Necessità dell’economia! 40 anni fa da Shenzhen è partita la rinascita della Cina, oggi Shenzhen è il centro della Greater Bay Area, la zona più all’avanguardia del mondo! Bisogna che, oltre ai subalterni che per questa area hanno dato la vita (ai tempi della nuova accumulazione originaria, quelli della fabbrica del mondo), ora anche i colletti bianchi si diano da fare, d’altra parte Hong Kong non vedete come ve l’abbiamo ammansita?

Passione, lotta, competizione, amor patrio e feticizzazione del lavoro. Una quindicina d’anni fa, un gruppo musicale dei nuovi operai (cioè i lavoratori che lasciavano le campagne per andare a lavorare nella fabbrica del mondo) iniziò a dare voce alla nuova subalternità. Questo gruppo è poi diventato Picun, a Pechino. Tanto decantato e sbandierato anche in Italia come rappresentazione della lotta e del conflitto sociale in Cina, aveva e ha come proprio motto socialista “il lavoro è la cosa più gloriosa”. Se in passato questo motto poteva essere risignificato e divenire così una forma di critica delle relazioni capitale-lavoro, al contempo dando forza a una nuova possibile soggettività operaia, ormai da qualche anno è chiaro che questo motto è mortifero, perchè allineato all’ideologia corrente. E d’altra parte le pratiche di questo gruppo, tra investimenti sul mattone, stupri e silenzi assordanti sui veri conflitti della società cinese, fanno ben capire di che gloria si stia parlando.

Come ha risposto la piattaforma Pinduoduo alla morte della ragazza? “guardate un po’ i subalterni, chi fra loro non dà la vita per i soldi? Ho sempre pensato che non si tratti di un problema del capitalismo, ma di un problema sociale, (perché) questa è un’epoca in cui usi la vita per lottare, puoi scegliere una vita comoda, certo, ma poi ne paghi le conseguenze, puoi controllare i tuoi sforzi (puoi scegliere di non sforzarti)…

Accortosi che il messaggio era un po’ troppo chiaro, dapprima Pinduoduo ha detto che non era suo. Chi iiiio?!!! Poi, accertato che era suo, ha dato la colpa a uno stagista che non capisce, evidentemente, lo spirito della compagnia. Incompetenti!!!Al di là della rozzezza tipica dei grandi capitalisti che al momento “se la passano male” perché “toccati” anche loro dal Partito, questo messaggio è in linea con una ideologia radicata e pervasiva. E’ il quotidiano in Cina.

Chi non dà la vita per i soldi? Domanda rozza ma in fondo corretta. Vale però anche il contrario: caro padrone, quanto e come paghi? Vediamo: a Pechino qualche giorno fa un fattorino alla trentaquattresima consegna, l’ultima della giornata, muore in sella al motorino elettrico. Anni 43. Lavorava per conto della ELEME, la seconda piattaforma in Cina per fatturato nel mondo delle consegne a domicilio. Alla domanda della famiglia di occuparsi dell’assicurazione, la compagnia dice: chi iiiio?!!!! Io non c’entro, mica avevamo un rapporto di lavoro. Lui era autonomo… però, siccome siamo magnanimi, per altruismo (nel testo è umanitarismo) vi diamo 2000 yuan (250 euro). Il fattorino, proprio un mese prima di lasciarci le penne, aveva aperto una sua assicurazione in privato, la famiglia otterrà dall’assicurazione 30000 yuan (quasi 3800 euro). Cifre da capogiro, vero? O mythos deloi oti, insegna il mito che dentro la trasformazione, l’ascesa, la forza della nazione c’è qualcuno che paga il conto. Prima in periferia (subalterni, Xinjiang, Hong Kong,) e ora piano piano verso il centro. Il mito non nasconde, diceva R. Barthes, ma deforma. L’ascesa della Cina è allora in questo senso mitica. Parte del suo segreto è nel lavoro: laodong guangrong!

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